04 dicembre 2019
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Economia della Val di Non, un modello di sviluppo da ridisegnare

Un convegno nella sala polifunzionale della Cassa Rurale a Cles con i principali protagonisti dell’imprenditoria locale ha esplorato la storia e le prospettive dell’economia della valle.

L’economia frutticola oggi è solida, ma in futuro occorre ridisegnare un modello di sviluppo che oggi ruota intorno alla monocoltura del melo.

Un progetto di ricerca della neonata Fondazione della Cassa Rurale Val di Non in collaborazione con Euricse cercherà di individuare modelli alternativi.

Dino Magnani (Fondazione): faremo un crash test all’economia per individuare tutte le potenzialità della valle. Carlo Borzaga (Euricse): l’economia della conoscenza tende ad accentrare le produzioni, i territori devono diventare attrattivi.

Le testimonianze di tre imprenditori-simbolo: Luciano Dallago (Dalmec) che ha portato i manipolatori industriali in tutto il mondo, Andrea Paternoster (Mieli Thun) che mette i propri mieli nei migliori alberghi dagli Usa all’Asia, e Valentina Chini (AD Chini), che gestisce con la sorella una azienda leader nella trasformazione delle mele.

Un convegno nella sala polifunzionale della Cassa Rurale a Cles con i principali protagonisti dell’imprenditoria locale ha esplorato la storia e le prospettive dell’economia della valle.L’economia frutticola oggi è solida, ma in futuro occorre ridisegnare un modello di sviluppo che oggi ruota intorno alla monocoltura del melo.Un progetto di ricerca della neonata Fondazione della Cassa Rurale Val di Non in collaborazione con Euricse cercherà di individuare modelli alternativi.Dino Magnani (Fondazione): faremo un crash test all’economia per individuare tutte le potenzialità della valle. Carlo Borzaga (Euricse): l’economia della conoscenza tende ad accentrare le produzioni, i territori devono diventare attrattivi.Le testimonianze di tre imprenditori-simbolo: Luciano Dallago (Dalmec) che ha portato i manipolatori industriali in tutto il mondo, Andrea Paternoster (Mieli Thun) che mette i propri mieli nei migliori alberghi dagli Usa all’Asia, e Valentina Chini (AD Chini), che gestisce  con la sorella una azienda leader nella trasformazione delle mele.

“Vogliamo fare un ‘crash-test’ all’economia della valle, perché se è vero che la produzione di mele è in ottima salute e porta valore al territorio, non è detto che questo modello sia replicabile all’infinito. Sappiamo tutti molto bene che Melinda e la produzione agricola sono la locomotiva dell’economia per tutto il mondo delle piccole imprese locali. Ma il nostro radar è, in questo momento, volutamente puntato verso un diverso orizzonte”.

Dino Magnani è presidente della neonata Fondazione Cassa Rurale Val di Non, che ha promosso insieme alla Cassa Rurale un convegno sulla storia e le prospettive dell’economia dell’Anaunia.

“Tra gli obiettivi della Fondazione – ha ricordato Magnani – c’è il sostegno al territorio con azioni volte a ricercare forme e modalità di coinvolgimento della comunità in ambito sociale, culturale ed economico, coltivando una spiccata visione per il futuro”.

Nell’incontro è stato presentato un percorso di ricerca che prevede l’istituzione di specifici bandi rivolti a giovani universitari della valle per approfondire le tematiche inerenti le “prospettive future”, con il coordinamento scientifico di Euricse.

Al termine di questo percorso di studio, presumibilmente alla fine del prossimo anno, saranno presentate le conclusioni in un secondo convegno, nel quale verranno esposti i lavori svolti e le idee che i giovani avranno elaborato.

“Mai come ora – ha concluso Magnani - la creazione di valore si gioca a livello territoriale e il destino delle imprese è legato a quello del contesto in cui operano. E allora la dimensione locale è un punto di forza da studiare e valorizzare”.

Nei saluti istituzionali del presidente della Cassa Rurale Silvio Mucchi, del sindaco Ruggero Mucchi, del presidente della Comunità di valle Silvano Dominici e del consigliere provinciale Lorenzo Ossana (presente conla consigliera Paola Demagri) è arrivata l’adesione ad un progetto che impegna la Fondazione della Cassa Rurale a stimolare la crescita del territorio e lo sviluppo della comunità, anche come stimolo per la politica.

“Un ruolo che interpella – ha affermato la presidente della Cooperazione trentina Marina Mattarei – in modo particolare il credito cooperativo post-riforma, che ha modificato profondamente la fisionomia degli istituti ma che è impegnato ad aggiornare la propria missione di mantenere la distintività e la prossimità con la propria base sociale”.

Il convegno di ieri sera è partito da lontano, con un lavoro affidato allo storico Alberto Mosca che ha curato un volumetto sulla storia dell’economia della valle, dal sedicesimo secolo ai giorni nostri.

L’economia della valle è sempre stata polivalente. La Val di Non è stata via via granaio di Trento, territorio vocato all’artigianato e alla coltivazione della vite e delle mele, all’attività estrattiva, all’allevamento dei bachi da seta.

Dal “distretto” dei produttori di manici da frusta di Taio avviato nel 1830 fino ai manipolatori industriali dell’epoca attuale, dalla produzione melicola e la nascita della cooperazione di fine Ottocento, allo sviluppo turistico della Mendola e alta valle di Non, c’è sempre stata una forte propensione al commercio e alla produzione, in campo agricolo soprattutto ma non solo.

Nell’Ottocento si contavano 350 chiese, 32 castelli, e tanti paesi “quanti sono i giorni dell’anno”, annotava un viaggiatore sudtirolese attorno al 1600, richiamato nel libretto di Mosca.

Particolarmente apprezzate dal pubblico le testimonianze di tre imprenditori che sono partiti e cresciuti in valle, per poi affermare le proprie eccellenze nel mondo.

Luciano Dallago, fondatore nel 1956 insieme ai fratelli Giorgio e Silvio della Dalmec, industria leader mondiale nella produzione di manipolatori industriali, con filiali nei cinque continenti. Partiti da una officina meccanica a Tuenno, tre degli otto fratelli hanno avviato giovanissimi una impresa rilevando l’attività di una piccola officina meccanica. Un racconto affascinante che mette insieme coraggio, tenacia, e abilità assieme alla voglia di riscatto.

Andrea Paternoster, titolare della Mieli Thun, con sede a Vigo di Ton, è rimasto – per sua ammissione - un artigiano, ma i suoi mieli li possiamo trovare a Eaitaly di New York come nei più lussuosi alberghi in Europa, Asia o America. E Ferran Adrià, celeberrimo chef spagnolo pluristellato e padre della cucina molecolare, ha dedicato a Mieli Thun un capitolo di un suo libro sulle eccellenze nel mondo.

Figlio e nipote d’arte, ha studiato a San Michele ed ereditato sei ettari di meleti da coltivare. Ma ha scelto altre strade. Il 60% resta il Italia, il 40% all’estero.

Valentina Chini, insieme alla sorella Elisa, amministra con spirito innovatore la AD Chini, azienda leader nella trasformazione della frutta, fondata nel 1988 dal padre Danilo, scomparso cinque anni fa.

Produce mele secche, barrette, mousse marchiate Melinda. Qualcosa come 32 milioni di barattoli di mousse all’anno.

Il papà ha industrializzato una pratica assai comune in valle, essiccare le mele al sole, brevettando un sistema che garantisce stabilità e salubrità dei prodotti. Nel 2004 è arrivato l’accordo con Melinda, nel corso degli anni la produzione è sempre cresciuta e arricchita di nuove referenze. Nel 2012 è stato inaugurato il secondo stabilimento che ospita la logistica e le linee di confezionamento.

Tre storie diverse, di imprese che hanno affrontato i mercati con la logica della qualità e dell’esclusività, non del prezzo.

“Ma – annota Paternoster – per spiegare ai miei clienti asiatici o americani dove sono, per farmi capire devo dire duecento chilometri a nord di Venezia”.

“È un problema – ha affermato il presidente di Euricse Carlo Borzaga – perché sempre più le produzioni si concentrano in pochi centri, quasi sempre grandi metropoli, e questo è dovuto all’economia della conoscenza che richiede prossimità.

Occorre rendere i territori più attrattivi, servono politiche adeguate e strategie precise. L’economia della valle è solida, ma già adesso non si basa solo sulla melicoltura. Il contesto sta cambiando, e anche la Valle di Non dovrà affrontare una serie di sfide. Occorre animare un dibattito pubblico, una riflessione collettiva su chi siamo e dove vogliamo andare. Occorre ridisegnare il proprio modello di sviluppo”.

Autore: Redazione