Dalla malga alla tavola: storie di latte e formaggi trentini

L’allevamento in montagna è prima di tutto una scelta di vita. Non si tratta soltanto di produrre latte o formaggi, ma di vivere 365 giorni all’anno accanto agli animali, affrontando la fatica e i sacrifici che questo mestiere comporta. È emersa con forza questa dimensione umana durante l’incontro “Dalla malga alla tavola: storie di latte e formaggi trentini”, ospitato ad Autumnus 2025.
La passione che diventa lavoro
Lorenzo Elmetti, allevatore in Val di Rabbi (Malga Villar Alta in estate), ha raccontato il legame profondo che si crea con le vacche: non numeri in una stalla, ma compagne di vita, riconosciute e chiamate per nome. Un rapporto che, oltre a rendere unico il mestiere, si riflette anche sulla qualità dei prodotti: “Quando gli animali stanno bene – ha ricordato – il latte è migliore e il formaggio che ne deriva ha un valore aggiunto. È un lavoro duro, ma che si fa solo con passione. Perché se fosse solo per reddito, non basterebbe mai”.
La qualità certificata di una filiera cooperativa
Alla testimonianza personale si è affiancata quella tecnica di Alessandro Vanzo, del Concast – Gruppo Formaggi del Trentino. Ha spiegato come la filiera lattiero-casearia trentina si basi su regole severe e controlli costanti: “Ogni allevatore è sottoposto a verifiche periodiche, sia in stalla che attraverso analisi sul latte e sui formaggi. L’obiettivo è garantire standard elevati, perché da un latte di qualità non può che nascere un formaggio di qualità”.
Concast raccoglie e coordina il lavoro di 13 caseifici cooperativi e oltre 600 allevatori, trasformando il latte in prodotti che raccontano il territorio: dal Trentingrana al burro premiato dal Gambero Rosso, fino a formaggi freschi e stagionati che mantengono l’impronta artigianale pur all’interno di un’organizzazione moderna.
Giovani, innovazione e futuro
Il tema del futuro è emerso con forza. Elmetti ha sottolineato come servano strumenti concreti per sostenere i giovani che vogliono intraprendere questo mestiere: “Non basta la passione, serve anche la sicurezza di poter contare su condizioni che rendano sostenibile l’impegno. Altrimenti molte realtà rischiano di non avere continuità”.
Vanzo ha aggiunto che oggi anche negli allevamenti e nei caseifici l’innovazione tecnologica sta cambiando il lavoro quotidiano, dai robot di mungitura ai sistemi automatizzati per l’alimentazione, fino a impianti moderni che garantiscono igiene e sicurezza senza perdere il carattere artigianale dei formaggi trentini.
Un presidio per il territorio
Oltre al valore economico, l’allevamento in montagna ha un ruolo decisivo per la manutenzione del paesaggio. “Se vediamo prati e pascoli curati – è stato ricordato – è grazie agli allevatori. Senza di loro, molti territori sarebbero abbandonati al bosco e perderebbero quell’equilibrio che oggi li rende così unici”.
L’incontro si è chiuso con un invito al pubblico: sostenere con le proprie scelte d’acquisto i prodotti delle cooperative trentine. Perché, come ha ricordato Vanzo, “comprare un formaggio del nostro territorio significa non solo premiare la qualità, ma anche difendere una tradizione, un paesaggio e il lavoro quotidiano di centinaia di famiglie”.
La passione che diventa lavoro
Lorenzo Elmetti, allevatore in Val di Rabbi (Malga Villar Alta in estate), ha raccontato il legame profondo che si crea con le vacche: non numeri in una stalla, ma compagne di vita, riconosciute e chiamate per nome. Un rapporto che, oltre a rendere unico il mestiere, si riflette anche sulla qualità dei prodotti: “Quando gli animali stanno bene – ha ricordato – il latte è migliore e il formaggio che ne deriva ha un valore aggiunto. È un lavoro duro, ma che si fa solo con passione. Perché se fosse solo per reddito, non basterebbe mai”.
La qualità certificata di una filiera cooperativa
Alla testimonianza personale si è affiancata quella tecnica di Alessandro Vanzo, del Concast – Gruppo Formaggi del Trentino. Ha spiegato come la filiera lattiero-casearia trentina si basi su regole severe e controlli costanti: “Ogni allevatore è sottoposto a verifiche periodiche, sia in stalla che attraverso analisi sul latte e sui formaggi. L’obiettivo è garantire standard elevati, perché da un latte di qualità non può che nascere un formaggio di qualità”.
Concast raccoglie e coordina il lavoro di 13 caseifici cooperativi e oltre 600 allevatori, trasformando il latte in prodotti che raccontano il territorio: dal Trentingrana al burro premiato dal Gambero Rosso, fino a formaggi freschi e stagionati che mantengono l’impronta artigianale pur all’interno di un’organizzazione moderna.
Giovani, innovazione e futuro
Il tema del futuro è emerso con forza. Elmetti ha sottolineato come servano strumenti concreti per sostenere i giovani che vogliono intraprendere questo mestiere: “Non basta la passione, serve anche la sicurezza di poter contare su condizioni che rendano sostenibile l’impegno. Altrimenti molte realtà rischiano di non avere continuità”.
Vanzo ha aggiunto che oggi anche negli allevamenti e nei caseifici l’innovazione tecnologica sta cambiando il lavoro quotidiano, dai robot di mungitura ai sistemi automatizzati per l’alimentazione, fino a impianti moderni che garantiscono igiene e sicurezza senza perdere il carattere artigianale dei formaggi trentini.
Un presidio per il territorio
Oltre al valore economico, l’allevamento in montagna ha un ruolo decisivo per la manutenzione del paesaggio. “Se vediamo prati e pascoli curati – è stato ricordato – è grazie agli allevatori. Senza di loro, molti territori sarebbero abbandonati al bosco e perderebbero quell’equilibrio che oggi li rende così unici”.
L’incontro si è chiuso con un invito al pubblico: sostenere con le proprie scelte d’acquisto i prodotti delle cooperative trentine. Perché, come ha ricordato Vanzo, “comprare un formaggio del nostro territorio significa non solo premiare la qualità, ma anche difendere una tradizione, un paesaggio e il lavoro quotidiano di centinaia di famiglie”.
Autore: Alessandro Girardi
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